Una Giornata al Carmelo

Un suono di campana – talvolta una campana plurisecolare! – apre la giornata carmelitana. Un suono che non ha solo un valore pratico: al Carmelo, dove ogni cosa viene letta nelle luce di Dio, si è soliti considerare questo suono come la voce stessa del Signore che ci invita ora a pregare, ora a lavorare, ora riposare…

Le prime ore del mattino sono dedicate alla preghiera:

– orazione silenziosa, che «personalizza» il nostro rapporto con il Signore

– preghiera liturgica, che ci inserisce nel respiro stesso della Chiesa

– celebrazione eucaristica, che costituisce il cuore stesso della nostra giornata


La liturgia è il primo oggetto della nostra sollecitudine: all’attenzione del cuore accompagnamo la cura per l’esecuzione sapendo che come «spettatori» abbiamo nientemeno che l’Altissimo e tutta la corte celeste… e anche i fedeli – a volte numerosi – che vengono nella nostra chiesa a pregare con noi.


La cura per i paramenti e i vasi d’altare, la scelta dei canti, l’allestimento dei fiori… tutto ha come fine la bellezza della liturgia, e dunque è una forma di preghiera.


Lo sapeva bene anche Santa Teresina, che al Carmelo esercitava l’ufficio di sacrestana, e che vedeva in questo suo impegno un valore mistico: con quanta trepidazione e cura toccava i lini e i vasi dedstinati a toccare il Corpo di Gesù!
In questa ottica anche il comune lavoro, che è distribuito tra mattina e pomeriggio, viene effettuato in spirito di preghiera e con il cuore volto al Signore.


Il più delle volte si tratta del comune lavoro di una comune famiglia: dalla cura per il decoro degli ambiente alla cucina…


…dal guardaroba alla cura delle sorelle anziane…
Ed è bello pensare che in questi modesti e semplici lavori siamo state precedute da una schiera di sante!


Questa ad esempio è la cucina del Carmelo di Avila, dove Santa Teresa assicurava che si poteva trovare Dio nè più né meno che nell’orazione: Dio cammina tra le pentole, diceva con il suo linguaggio piacevolmente scherzoso!


Ora le cucine dei nostri monasteri si sono adeguate ai tempi, e sono luminose e funzionali: ma solo fino alla metà del secolo scorso, come si vede dalla fotografia, assomigliavano molto a quella dove Santa Teresa trovava Dio tra le pentole!


Lo stesso vale per il bucato, le cui modalità, fino a qualche decennio fa (la foto è degli anni ’40), non differivano molto…


da quelle immortalate in questa celebre fotografia che vede Santa Teresina impegnata tra le sue novizie.


Anche la cura dell’orto fa parte dei nostro compiti.. e anche in questo abbiamo degli llustri precedenti! Qui vediamo ancora Teresina (in alto, al centro) impegnata addiritttura nelle fatiche della fienagione, secondo le consuetudini del tempo.


Infine, in passato come ai giorni nostri, c’è sempre posto per qualche lavoro di tipo artigianale e creativo che, oltre a mettere a frutto i talenti personali di ciascuna, consente alle monache di arrotondare le loro modeste entrate: e mentre il lavoro artigianale ci richiama il «lavoro» del Dio creatore, quello più faticoso e meno appagante ci accomuna ai milioni di nostri fatelli che devono mantenere la famiglia con sudore e sforzo.


E così, tra il canto di un salmo e la cura di una inferma, tra un brano di Vangelo da contemplare e una pila di biancheria da stirare, tra la lettura della pagina di una santo e una corsa in portineria, tra il silenzio del chiostro e la conversazione festosa nei tempi destinati alla ricreazione, tra la sobrietà della vita e i pasti in comune… termina la nostra giornata.
Termina nella consapevolezza serena che ogni minuto ci è stato regalato da Dio, che ha provveduto non solo a farcene dono, ma anche a suggerirci come impiegarlo, attraverso il suono della campana, le disposizioni della Regola, e le richieste della Priora, delle sorelle e della vita stessa.
E noi gli rendiamo questi minuti, queste ore e queste giornate nella speranza che Egli li accolga come una Laudem gloriae, una lode di gloria per il suo Nome benedetto nei secoli. Amen!

Le nostre Presidenti

ELENCO DELLE PRESIDENTI

Madre Giovanna, Madre Elisa, Madre Maria Paola

Madre Emanuela                     monastero di Milano                            1996

Madre Maria Elisa                   monastero di Bologna

Madre Maria Elisabetta           monastero di Legnano

Madre Maria Paola                  monastero di Ferrara

Madre Giovanna                      monastero di Legnano

Madre Emanuela
La Vocazione

La vocazione nel Vangelo

Un brano classico: la chiamata dei primi discepoli. Un testo breve – il Vangelo è sempre sintetico – dove ogni parola è densa di spunti di riflessione per la nostra mente e di inviti segreti per il nostro cuore.

Mentre camminava lungo il mare di Galilea, Gesù vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano la rete in mare, poiché erano pescatori. E disse loro: «Seguitemi, vi farò pescatori di uomini». Ed essi subito, lasciate le reti, lo seguirono. Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo di Zebedèo e Giovanni suo fratello, che nella barca insieme con Zebedèo, loro padre, riassettavano le reti; e li chiamò. Ed essi subito, lasciata la barca e il padre, lo seguirono

Un racconto brevissimo, che contiene lo schema di ogni vocazione. Possono cambiare i tempi e le modalità, al posto delle reti e della barca può esserci la playstation, ma la dinamica non cambia: Gesù che chiama, un cuore che si lascia chiamare, un tesoro da abbandonare e un tesoro infinitamente più grande che ci viene prospettato. Questa è la sequela: una storia che si ripete da millenni e che si ripeterà sino alla fine dei tempi. Sempre uguale, e insieme personale e irripetibile.

La vocazione in … Santa Teresa di Gesù

Una ragazza di vent’anni, bella e affascinante, dal temperamento appassionato e ricercata da tutti per la sua conversazione che incanta… ma anche profondamente timorata di Dio e colpita, fin dall’infanzia, dalla parola “sempre”. E proprio il timore di perdere Dio per sempre la spinge a bussare alla porta del monastero delle Carmelitane…

Compresi meglio le verità che mi avevano colpita da bambina, cioè, il nulla delle cose, la vanità del mondo, la rapidità con cui tutto finisce, e specialmente il pensiero che se fossi morta in quello stato, sarei andata all’inferno. Benché ancora non mi decidessi per il chiostro, vedevo tuttavia che quello era lo stato migliore e più sicuro, e così a poco a poco mi risolvevo ad abbracciarlo. Durai in questa lotta tre mesi, facendomi coraggio con il pensiero che, dopo tutto, i travagli e le pene della vita religiosa non potevano essere maggiori di quelli del purgatorio, e che dopo, me ne sarei andata diritta n cielo, che formava ancora la mia brama. – Insomma, mi pare che a dispormi a prender l’abito agisse di più il timore servile che l’amore. […] Ma appena preso l’abito religioso, il Signore mi fece comprendere quanto favorisca coloro che si fanno violenza per servirlo. La gioia provata nel vedermi religiosa non mi venne mai meno fino ad oggi. Iddio cambiò in grandissima tenerezza l’aridità di spirito che prima avevo.

Se una ragazza dei nostri giorni affermasse di voler entrare in monastero per salvarsi dall’inferno, forse nessuno crederebbe alla sua vocazione. Ma Dio le ha dato credito, perchè la radice di questo timore altro non era che l’amore, e perché in ogni caso qualunque disposizione d’animo, qualunque riflessione, purché buona e sincera, può essere il terreno sul quale deporre il seme della vocazione. Come ben dimostra la successiva vita di Teresa, che senza mai perdere il santo timore di Dio, si elevò alle vette più alte dell’amore confidente e sponsale, facendo fiorire in pienezza la sua personalità affettuosa, femminile e gioiosa.

La vocazione in … San Giovanni della croce

Se vogliamo conoscere la storia interiore di Giovanni de Yepes, non aspettiamoci da lui confidenze e aneddoti: egli avvolse la sua vita di una delicata riservatezza. Ma leggendo i suoi scritti, allora possiamo leggervi in filigrana la descrizione della sua stessa anima.

Quando l’anima fa spazio, cioè elimina in sé ogni ombra e macchia di cosa creata, tenendo la volontà perfettamente unita a quella di Dio – perché amare vuol dire cercare di spogliarsi e privarsi per Dio di tutto ciò che non è lui –, viene immediatamente illuminata e trasformata in Dio. Questi, allora, le comunica il suo essere soprannaturale, in modo che quella sembra Dio stesso e possiede ciò che possiede Dio. L’unione che s’instaura, quando Dio concede all’anima tale grazia soprannaturale, produce una trasformazione partecipativa tale che tutte le cose di Dio e l’anima costituiscono una sola cosa. L’anima assomiglia più a Dio che a se stessa, addirittura è Dio per partecipazione. È pur vero, però, che il suo essere, anche se trasformato, resta per natura distinto da Dio come prima; proprio come la vetrata che, pur essendo illuminata dal raggio di sole, ne rimane pur sempre distinta. Da ciò risulta più chiaro che i mezzi a disposizione dell’anima per arrivare a tale unione, come si diceva prima, non consistono nel capire, nel gustare, nel sentire, nell’immaginare Dio, né in qualsiasi altra attività umana, ma nella purezza e nell’amore, cioè nello spogliamento e nella rinuncia assoluta a tutto per amore di Dio. Ora, poiché non si può dare trasformazione perfetta se non vi è perfetta purezza, l’illuminazione e l’unione dell’anima con Dio saranno più o meno intense e proporzionate alla purezza dell’anima. Tale unione, ripeto, non sarà perfetta fintanto che l’anima non sarà del tutto perfetta, pura e limpida.

Purezza: una parola chiave per comprendere vita e pensiero del Santo Padre Giovanni, come viene chiamato al Carmelo. Purezza prima di tutto nei costumi, gelosamente coltivata fin dall’infanzia; purezza nelle intenzioni; purezza nel suo rapporto con Dio, che si nutriva di una ricerca assoluta e senza ombra di distrazioni. E ancora oggi la purezza rimane un terreno privilegiato per cogliere, nel profondo del cuore, la voce del Signore che chiama alla sua sequela, ed è ancora oggi una forza propulsiva che aiuta a dirgli il proprio sì. Come avvenne per San Giovanni della Croce, la cui anima cristallina fu così illuminata e trasformata dall’Amore divino fino a fare di lui il Doctor Mysticus, il Dottore Mistico per eccellenza.

La vocazione in … Santa Teresa di Gesù Bambino

Io sarò monaca: lo diceva ad appena due anni, e continuò a ripeterlo negli anni successivi, fino a realizzare il suo desiderio quando, appena quindicenne, entrò al Carmelo di Lisieux. Molti pensavano che lo facesse per seguire le sue amatissime sorelle maggiori, già monache nello stesso monastero. Ma la giovane Teresa previene tutte queste supposizioni con parole chiare e appassionate.

[Mia sorella Paolina, prima di entrare in monastero,] mi spiegò la vita del Carmelo, che mi sembrò tanto bella; nel ricordare tutto quello che mi aveva detto, sentii che il Carmelo era il deserto in cui il Buon Dio voleva che andassi a nascondermi anch’io… Lo sentii con tanta forza che non ci fu il minimo dubbio nel mio cuore: non era il sogno di una bambina che si lascia trascinare, ma la certezza di una chiamata Divina; volevo andare al Carmelo non per Paolina ma per Gesù solo… Paolina, considerando i miei desideri come volontà del Cielo, mi disse che presto sarei andata con lei a trovare la Madre Priora del Carmelo e che avrei dovuto dirle quello che il Buon Dio mi faceva sentire […] Dopo aver ascoltato le mie grandi confidenze la buona Madre credette alla mia vocazione, ma mi disse che non accoglievano postulanti di nove anni e che bisognava  aspettare i sedici anni… Un’altra suora  che era venuta a vedermi, non si stancava di dire che ero carina: io non contavo di venire al Carmelo per ricevere delle lodi, perciò dopo il parlatorio, non smisi di ripetere al Buon Dio che era per Lui solo che volevo essere carmelitana.

Alcuni cercano di spiegare una vocazione attraverso i condizionamenti sociali, culturali o familiari. Certo, una famiglia santa – come quella di Teresina – può essere un eccellente punto di partenza per una storia vocazionale. Ma la vera ‘stanza dei bottoni’, dove si decide la risposta da dare al Signore che chiama, è il segreto del proprio cuore, un santuario dove lo stesso Dio bussa con delicatezza perché Egli, che è libertà suprema, vuole dall’anima una risposta totalmente libera. E tale è stata la risposta di Teresina, malgrado la sua giovanissima età. Un ‘sì’ consapevole, voluto e custodito con totale fedeltà.

La vocazione in… Santa Elisabetta della Trinità

Quando la piccola Elisabetta Catez ricevette la sua prima Comunione, la mamma volle accompagnarla a salutare le monache carmelitane, il cui monastero era poco distante da casa; e la Madre che le ricevette disse alla bambina che il suon bel nome significava Casa di Dio. La buona suora sbagliava (in realtà Elisabetta significa Perfezione di Dio), ma fu un errore provvidenziale: perché la piccola fece tesoro di quella rivelazione e, una volta divenuta anch’essa carmelitana, ne fece il perno di tutta la sua vita interiore.

Come a Zaccheo, il Maestro mi ha detto: «Affrettati a scendere, perché devo fermarmi a casa tua». Affrettati a scendere, ma dove? Nel più profondo della mia anima, dopo aver lasciato me stessa. «Bisogna che mi fermi presso di te». È il Maestro che mi esprime questo desiderio, il mio Maestro che vuole abitare in me col Padre e lo Spirito d’amore, perché io «sia in società con loro», secondo l’espressione del discepolo prediletto. «Non siete più ospiti o stranieri, ma siete ormai della casa di Dio», dice S. Paolo. Ecco come io intendo essere della casa di Dio: vivendo in seno alla beata Trinità nel mio abisso interiore, in quella fortezza inespugnabile del santo raccoglimento, di cui parla San Giovanni della Croce. David cantava: «La mia anima vien meno entrando nella dimora del Signore». Mi sembra che questo debba essere l’atteggiamento di ogni anima che rientra nella sua dimora interiore per contemplarvi il suo Dio e per riprendere contatto vivo e profondo con Lui. Essa vien meno, in un divino dissolversi di fronte a quest’amore onnipotente, a questa infinita Maestà che dimora in lei. «Affrettati a scendere». È ancora senza bisogno di uscire da se stessa che vivrà ad immagine dell’immutabile Trinità, in un eterno presente, adorandola sempre per se stessa e divenendo, attraverso uno sguardo sempre più semplice ed unitivo, «splendore della sua gloria», in altre parole, l’incessante lode di gloria delle sue perfezioni.

Molte vocazioni sono già «anticipate» in un episodio, talvolta piccolissimo, della propria infanzia. una frase, una lettura, un’immagine, una percezione… Dio prende molto sul serio i bambini, e volentieri affida al loro cuore puro delle intuizioni dietro le quali si nascondono la traccia di una intera vita e un grande destino di santità. Intuizioni che purtroppo vengono poi dimenticate o volutamente accantonate… Ma non fu il caso di Elisabetta, che sul mistero della inabitazione divina scrisse pagine di insuperabile bellezza. Anche nella nostra infanzia è stato forse depositato uno di questi semi preziosi?

La vocazione in Santa Teresa di Los Andes

Una ragazza gioiosa, sportiva e circondata da amicizie, che
nell’adolescenza si innamora di Gesù e si dona a lui con un amore
giovane, entusiasta e verginale. Entrata al Carmelo, vi muore dopo
neppure un anno: un tempo brevissimo, ma sufficiente per fare di lei
una delle sante più amate dell’America Latina.

Solo Gesù è bello; Egli solo può rallegrarmi. Lo chiamo, lo piango, lo
cerco dentro la mia anima.  […] C’è qualche cosa di buono, di bello,
di vero che possiamo pensare non sia in Gesù? Egli è sapienza, per la
quale non c’è alcun segreto. Potenza, per la quale nulla c’è
d’impossibile. Giustizia, che lo ha fatto incarnare per riparare il
peccato. Provvidenza, che sempre veglia e sostiene. Misericordia, che
non cessa mai di perdonare. Bontà, che dimentica le offese delle sue
creature. Amore, che raduna tutte le tenerezze della madre, del
fratello, dello sposo, e che facendolo uscire dall’abisso della sua
grandezza, lo lega strettamente alle sue creature. Bellezza, che
estasia… Che cosa puoi pensare che manchi a questo Uomo-Dio? […]
Che cosa scopri nel Vangelo, se non un cuore buono, dolce, tenero,
compassionevole, insomma il Cuore di un Dio? Egli è la mia ricchezza
infinita, la mia beatitudine, il mio cielo…

E’ lo “schema” classico di una vocazione femminile: l’incontro con
Gesù nell’età dei primi batticuore, il proposito di consacrarsi a lui
e infine l’ingresso in religione. In questa vicenda semplice e lineare
però non tutto è rose e fiori: la santa dovette patire molto fin
dall’adolescenza e la sua fede fu provata nel fuoco delle prove
esteriori e interiori. Ma la sofferenza non poté impedire a Teresa di
affermare – è la più famosa delle sue frasi – che Dio è gioia
infinita.

La vocazione in Edith Stein


Filosofa, intellettuale e conferenziera di fama internazionale, Edith
si allontanò nell’adolescenza dalla fede ebraica in cui era stata
cresciuta, ma – sostenuta dalla sua eccezionale intelligenza – non
cessò mai di cercare la verità, con una straordinaria serietà e onestà
morale. E la trovò nel modo più imprevisto, una notte in cui – avendo
libero accesso alla biblioteca di una coppia di fedeli amici – lesse
tutto d’un fiato il primo libro che le capitò fra le mani…



Presi casualmente un libro dalla biblioteca; portava il titolo “Vita
di santa Teresa narrata da lei stessa”. Cominciai a leggere e non
potei più lasciarlo finché non ebbi finito. Quando lo richiusi, mi
dissi: questa è la verità”

Si vedono già le prime luci dell’alba; Edith aspetta che sia un orario
ragionevole, poi va alla ricerca di un sacerdote e chiede il
battesimo. Poi, l’entrata al Carmelo, il martirio e infine la
canonizzazione e la  proclamazione a patrona d’Europa. Ma ciò che
colpisce in questa vocazione è vedere che un’intellettuale della sua
portata trova la verità in un libro dove sembrano prevalere mistica e
passione. In realtà non ci dobbiamo meravigliare: chi cerca Dio con
sincerità, prima o poi trova il punto in cui passione e razionalità si
fondono con un perfetto accordo: perché Dio non è diviso in Se stesso,
ma è insieme – come afferma l’Apostolo Giovanni – Logos e Amore.

Liturgia e Carmelo in musica
Santo Quaresimale
Toni Salmonici
Tonario OCD

Il Futuro del Carmelo

RIFONDAZIONE DEL CARISMA
padre Camillo Maccise, Preposito Generale

PREMESSA

            Io penso che il futuro del Carmelo non sia altro che il futuro della vita consacrata. In fondo facciamo parte della stessa storia, siamo inseriti nell’unico cammino della vita consacrata e la vita consacrata è parte integrante della vita della Chiesa e non mancherà mai, come dice il documento Vita Consecrata. Ma lo stesso documento, al numero 63, parla del rischio di morte che incombe su alcuni istituti religiosi. Lungo la storia molti istituti religiosi sono spariti; hanno adempiuto la loro missione e sono entrati nel mistero pasquale di morte e resurrezione. Questo numero 63 è interessante perché cerca di consolare gli istituti in via di estinzione mettendo loro davanti il mistero pasquale. Per altri istituti invece, si presenta il problema di ciò che si chiama rifondazione o ristrutturazione, rilettura, fedeltà creativa, cioè una forma nuova di vivere lo stesso carisma. E’ difficile prevedere il futuro e non possiamo dire al 100% che il futuro sarà in un certo modo; ma se siamo capaci di fare un’analisi dei segni dei tempi e dei luoghi, potremo scoprire il seme che ci fa prevedere almeno parzialmente qualcosa di quello che avverrà in futuro.

SCRUTARE LA STORIA

PER RIFONDARE IL CARISMA

Quale sarebbe da questa prospettiva la situazione del Carmelo femminile, maschile e laicale? Prima di tutto, secondo me, dobbiamo considerare la realtà – come siamo, dove stiamo – e poi illuminarla con le sfide che si presentano e che esigono una risposta, così da poter almeno scorgere quale sarà il futuro del Carmelo.

            Il Concilio Vaticano II nel documento Gaudium et spes – il documento sulla Chiesa e il mondo contemporaneo – al numero 4 dice: “per svolgere questo compito (cioè il compito di testimoniare e annunciare Cristo) è dovere permanente della Chiesa di scrutare i segni dei tempi e di interpretarli alla luce del Vangelo; così che in un modo adatto a ciascuna generazione, possa rispondere ai perenni interrogativi degli uomini sul senso della vita presente e futura e sul loro reciproco rapporto. Bisogna infatti conoscere e comprendere il mondo in cui viviamo nonché le sue attese, le sue aspirazioni e la sua indole spesso drammatica”. Quindi il primo passo è quello di conoscere la realtà del mondo, della Chiesa e poi del Carmelo. Dobbiamo smettere di pensare che siamo persone dispensate dal conoscere la realtà del mondo: la storia della salvezza si svolge in questo pianeta, cioè in queste circostanze storiche. Ogni epoca della storia è un’epoca di Dio, dello Spirito. E’ peccare contro lo Spirito santo pensare che si sia manifestato solo nel passato. Tutte le epoche sono epoche dello Spirito perché è lui che guida la storia. Poi ci sono i carismi della vita consacrata, che si trovano sotto l’influsso delle circostanze storiche e quindi non possono evitare il logorio della storia. Per questo si parla di rifondazione. Una casa ha bisogno di manutenzione. Anche voi sapete che dopo aver finito un bel monastero, già nei due o tre anni successivi iniziano i problemi perché le strutture si logorano. Lo stesso accade per le strutture della vita religiosa e, nel nostro caso, del Carmelo: sono soggette ad un logorio. Nuove situazioni presentano nuove sfide che esigono cambiamenti, lasciando intatti il carisma e l’identità. Ecco perché dobbiamo cercare forme nuove per conservare le strutture portanti dell’edificio che chiamiamo “carisma” dell’istituto. Bisognerà cambiare tante cose, metterle a norma di legge del Mercato Comune Europeo. Ristrutturare un edificio comporta tanti problemi: i costi, i rumori, la polvere… e tutti diciamo: “Quando finirà?” Lo stesso accade nel processo di rinnovamento della vita religiosa. Qui, però, la legge che guida è lo Spirito santo.

Luci e ombre del mondo contemporaneo

            Quando abbiamo aperto la sessione di questa assemblea vi avevo accennato alle grandi caratteristiche del mondo di oggi e le avevo raggruppate in quattro punti:

1. secolarizzazione 

2. liberazione

3. globalizzazione

4. nuova etica.

            Riprendo queste sfide per vedere come assumerle nella vita consacrata e – in un secondo momento – nell’esperienza del Carmelo.

            In tutti questi fenomeni ci sono aspetti positivi e negativi: occorre valutarli per vedere cosa va accolto e cosa rifiutato o addirittura contestato.

  1. La secolarizzazione

comporta una trasformazione della relazione dell’essere umano con la natura, con gli altri e con Dio. E’ il fenomeno della desacralizzazione per affermare la legittima autonomia della persona, della cultura e della tecnica. In passato non esistevano i medici specialisti e quando c’era una malattia ci si rivolgeva ai santi specialisti per quella malattia: per le malattie della gola San Biagio, per quelle degli occhi Santa Lucia, per problemi di carattere psicologico-affettivo Sant’Antonio, per il mal di denti Sant’Apollonia e così via… C’era una sacralizzazione della società. Ciò non significa che non dobbiamo avere fede e non pregare più i santi. Questo resta sempre valido e possiamo pregare il Signore tramite la mediazione dei santi, ma il fatto di “specializzarli” è indice di una società sacralizzata. Perché per gli occhi devo rivolgermi a santa Lucia e non ad un altro santo?

Quando la secolarizzazione provoca squilibri tra l’autonomia dell’essere umano e la perdita del senso della trascendenza diventa secolarismo, cioè abbiamo autonomia, ma possiamo perdere il senso della Trascendenza; allora è valido solo ciò che vediamo e tocchiamo. Venendo meno i valori religiosi si creano nuovi miti o idoli. Diceva Chesterton che quando una persona non crede in Dio non è che non creda in altre cose: crede in tutto. Per questo motivo oggi i maghi guadagnano tanti soldi. Nella sola Parigi ci sono tremila persone che offrono servizi per leggere il futuro: è la chiromanzia. Inoltre c’è il fenomeno dell’atomizzazione della famiglia, una disintegrazione dei suoi valori del passato e, più in generale, uno squilibrio tra la cultura tradizionale e la post-modernità.

  • La liberazione

è un altro fenomeno molto importante, anche se questa parola è stata spesso satanizzata. Eppure emergerà sempre perché il vangelo è per la libertà e la liberazione. C’è una liberazione che desiderano le persone, i gruppi, i popoli, le razze, le culture che non vogliono essere degli oggetti nelle mani di coloro che detengono il potere, ma desiderano essere protagonisti della propria storia e perciò vorrebbero una certa uguaglianza, responsabilità, partecipazione, comunione. Anche in questo campo ci sono degli squilibri tra liberazione e nuove forme di oppressione, emarginazione e sfruttamento dei più deboli, tra concentrazione del potere economico, politico, militare e tecnico in mano a pochi e grandi masse che vedono minacciata la loro dignità personale e collettiva senza possibilità decisionali.

  • La globalizzazione

è il terzo fenomeno. Oggi il mondo vive un processo di unificazione a causa dell’interdipendenza crescente in tutti gli ambiti. La terra è diventata un villaggio globale con vincoli economici, commerciali, politici, militari. Inoltre i mass-media o mezzi di comunicazione hanno avvicinato le persone in un mondo pieno di comunicazioni, informazioni e incontri: un processo pieno di contraddizioni.

            Il potere economico si concentra in poche mani e così la comunicazione e l’informazione. Esiste un controllo di tutto. E’ interessante vedere come il futuro del mondo si gioca nella comunicazione. Qualche tempo fa Clinton diceva che gli americani erano stati i primi a vedere che il futuro del mondo si giocava nell’industrializzazione, ma oggi si gioca nella comunicazione. Persino le guerre si possono fare attraverso la comunicazione. La guerra del Golfo è stata tutta un montaggio della comunicazione per risolvere i problemi economici degli Stati Uniti e tutti siamo caduti nella trappola! Prima hanno creato il “mostro” Saddam Hussein, che aveva il terzo esercito del mondo, dopo Stati Uniti e Russia, mentre il popolo era costituito da poveracci che non avevano neppure le scarpe. Una volta creato questo pericolo, hanno dato il via a Saddam Hussein facendogli capire che se fosse intervenuto nel Kuwait non avrebbero fatto niente. Entrato lì, c’è stata subito la reazione statunitense che diceva di voler porre fine a questa minaccia per l’umanità. I paesi europei non volevano mandare l’esercito, ma hanno dato aiuti economici; anche il Giappone, per esempio, ha dato un miliardo di dollari; invece gli Stati Uniti hanno mandato l’esercito per collaudare i loro armamenti. Le spese di questi armamenti sono state sostenute dall’Europa e dal Giappone. Poi Saddam ha distrutto e bruciato molte cose in Kuwait e loro sono arrivati con l’esercito per ristrutturare lo stato con le Compagnie americane. Così ci hanno guadagnato nella guerra e nel dopoguerra e tutto è stato fatto attraverso i mezzi di comunicazione. Negli Stati Uniti abbiamo un terziario carmelitano che lavora al Pentagono e anni fa, quando sono andato come definitore mi ha detto: “Padre, adesso le guerre si creano così. Per il 2017 si prevede un’altra guerra mondiale. Ma tutto sarà fatto attraverso i pulsanti di queste realtà sofisticate, le informazioni, i missili e tutte queste cose. E sarà tutto facile”. Vedete quali squilibri ci sono: progresso industriale e povertà; ecologia con esaurimento di alcune materie prime; paesi ricchi che continuano ad arricchirsi a scapito di quelli più poveri, nei quali le persone che hanno tutto nelle loro mani sono un gruppo sempre più piccolo.

  • Infine, la nuova etica.

            C’è una crisi dell’etica del passato e la ricerca di una nuova etica. Benché ci sia un’esplosione del sacro, questa ricerca non è diretta dalle istituzioni religiose. Quando si cerca di organizzare la convivenza sociale si relega Dio e la religione ad un ambito privato.

            Nel mondo in cui viviamo, però, ci sono anche degli aspetti positivi: la coscienza del valore della persona e dei suoi diritti fondamentali, la ricerca di una nuova armonia tra l’essere umano e la natura – il grosso problema dell’ecologia -, la sensibilità di fronte al problema della vita, della giustizia e della pace, la consapevolezza del valore delle diverse culture all’interno della comunità nazionale e internazionale con una certa relativizzazione dei nazionalismi, la ricerca di un nuovo ordine economico internazionale, una nuova situazione della donna della società. In particolare, riguardo all’ecologia, cresce il senso della responsabilità dell’essere umano di fronte al futuro che esige una pianificazione. Infine c’è una maggiore sensibilità per esperienze religiose e mistiche come ricerca di un processo liberatore e di crescita personale.

UN FUTURO PER LA VITA CONSACRATA

            Alla luce di queste prospettive quale sarebbe il futuro della vita consacrata?

            Bisogna innanzitutto dire che attualmente la vita consacrata ha queste grandi sfide:

–              una nuova spiritualità;

–              la vita fraterna, cioè un modo più chiaro di manifestare la dimensione comunitaria della storia della salvezza, così che le comunità possano diventare centri di dialogo multiculturale;

–              il profetismo, cioè saper interpellare le società con la testimonianza della vita;

–              l’opzione preferenziale per i poveri, luogo normale della vita consacrata;

–              l’inculturazione, che porta con sé l’unità nella diversità;

–              la collaborazione con i laici.

IL CARMELO “AL FUTURO”

Attualità e prospettive del carisma

            All’interno del quadro che vi ho tracciato, quale sarebbe il futuro del Carmelo?

            Tenendo conto degli avvenimenti che negli ultimi vent’anni hanno segnato la vita carmelitana, possiamo prevedere che il Carmelo continuerà ad esistere e anche con una missione più forte proprio per l’attualità del nostro carisma all’interno della Chiesa. Il centenario di Santa Teresa nell’82, di san Giovanni della Croce nel ‘91, il dottorato di Santa Teresa di Lisieux nel ‘97, la canonizzazione di Edith Stein nel ‘98 e poi, in tono minore, altre beatificazioni e canonizzazioni come quella di Santa Teresa di Los Andes – la prima monaca di clausura carmelitana cilena canonizzata – hanno messo in rilievo la ricchezza della spiritualità e l’attualità della missione del Carmelo. Per questo credo sia possibile pensare ad un futuro per il nostro Ordine.

costituire piccole comunità  semplici, fraterne, vicine alla realta’

            Al numero 93 dell’Instrumentum laboris per il Sinodo sulla Vita Consacrata si diceva come le strutture della vita consacrata siano state elaborate nelle società del medioevo o nel mondo della rivoluzione industriale degli ultimi secoli e quindi come non sempre siano adatte ad esprimere i bisogni e i desideri delle donne e degli uomini del nostro tempo

            Io penso che il Carmelo del futuro dovrà essere composto di piccole comunità oranti, fraterne e impegnate nell’evangelizzazione, anche quelle contemplative: la dimensione evangelizzatrice ed apostolica della loro vocazione passerà sempre attraverso la preghiera, che non è un apostolato diretto, ma che sarà un segno più forte. Queste piccole comunità vicine alla realtà saranno chiamate ad essere testimoni della presenza di Dio nel cuore della Chiesa, della storia e del mondo. E’ ovvio che se le comunità saranno vicine alla realtà, si esigerà un cambio di strutture. Fin da oggi si richiedono otri nuovi per un vino nuovo, nuove piante prese dallo stesso seme, che è l’essenziale del carisma del Carmelo, per poterlo vivere e trasmettere in un linguaggio esistenziale, più intelligibile per il mondo di oggi.

            Le comunità carmelitane, sia maschili che femminili, dovranno essere aperte a condividere il carisma e la spiritualità con i laici. I laici ci aiuteranno ad essere sempre vicini alla realtà, a conoscere da vicino i veri problemi dell’umanità. Questo sarà l’invito ad una vita ancora più semplice per trasformare le nostre strutture – ciascuno secondo la propria missione all’interno del Carmelo – in luoghi di incontro per coloro che ricercano la preghiera contemplativa.

vivere trasmettendo l’esperienza di Dio

            Tra i fenomeni del secolarismo sottolineavo la sete di spiritualità che c’è nel mondo di oggi e che tante volte degenera in spiritualismo o una spiritualità “light”, cioè dove – ad esempio – ciascuno prende alcune cose dal buddismo, altre dalla vita cristiana e si fa il proprio menù.

            Tutte le comunità carmelitane – contemplative e apostoliche -dovranno incentrarsi sull’assoluto di Dio per essere scuole di preghiera capaci di aiutare le persone a diventare non solo persone che pregano, ma dei veri contemplativi. Il documento Apostolicam Actuositatem, sull’apostolato dei laici (cfr. n°4), descrive molto bene il contemplativo: “Solo alla luce della fede e della meditazione della Parola di Dio è possibile sempre e dovunque riconoscere Dio nel quale noi viviamo, ci muoviamo e siamo, cercare in ogni avvenimento la sua volontà, vedere il Cristo in ogni uomo, vicino o estraneo, giudicare rettamente del vero senso e valore che le cose temporali hanno in se stesse e in ordine al fine dell’uomo”. Quindi non basta pregare per essere contemplativi: occorre il contatto con la realtà, cioè la capacità di scoprire Dio negli avvenimenti, nelle persone, nelle cose positive e negative della storia, perché lì Dio ci mette in questione e ci interpella. Solo questa contemplazione impegnata sarà in grado di rivelare il volto di Dio, del Nostro Signore Gesù Cristo alle persone che lo cercano a tastoni.

            I membri del Carmelo Teresiano del futuro dovranno impegnarsi di più per diffondere l’amore e la conoscenza di questo Dio che abbiamo incontrato nella preghiera e che ci conduce ad un impegno per il mondo, per la giustizia e per la pace. Fin d’ora dobbiamo aiutare le persone a scoprire Dio come sorgente di pienezza e di speranza, come Padre e Madre, come qualcuno che ci è sempre vicino.

leggere e insegnare a leggere

la parola di Dio nella scrittura e nella vita

Negli sforzi di ricerca del senso della vita e della verità la Parola di Dio è la luce che illumina, orienta i credenti in Cristo, Parola del Padre. Il Carmelo, sin dalle sue origini – come dice la nostra Regola – ha avuto come ideale la meditazione – “giorno e notte”– della Parola del Signore. Perciò dobbiamo vivere all’ascolto della Parola e abbiamo il compito di educare a questo anche i nostri membri e le altre persone che si avvicinano a noi. Ma si tratta di una lettura vitale, che procede dalla convinzione che la Scrittura sorge dalla vita e dall’esperienza di un popolo guidato da Dio che, a partire dalla fede, scopre la sua presenza nella storia e cerca di rispondere alle sue interpellanze nella storia. Questa è l’origine della Bibbia: un popolo che cerca, che ascolta Dio nella storia e tenta di rispondergli nella storia. La Bibbia è l’esperienza-modello con la quale noi dobbiamo confrontare tutte le nostre esperienze.

            La missione delle comunità carmelitane sarà quella di essere centri che accompagnano spiritualmente la lettura della Scrittura per trasformarla in un avvicinamento orante e contemplativo impegnato. La Dei Verbum (cfr. n°25) diceva citando Sant’Ambrogio: “Quando preghiamo parliamo con Dio, Lui ascoltiamo quando leggiamo gli oracoli divini”. Questo metodo aiuterà le persone a superare una lettura spiritualista e fondamentalista della Bibbia e a scoprire le chiamate di Dio nella realtà di ogni giorno. Credo che qui ci sia una grande sfida per tutti i contemplativi, religiosi, laici, apostolici nel Carmelo.

saper guidare nei cammini della spiritualità

            Se noi viviamo in profondità l’esperienza di Dio, se ascoltiamo la sua Parola saremo capaci di iniziare gli altri a questo. Perciò dobbiamo creare degli spazi e dei mezzi per questa esperienza secondo la nostra vocazione all’interno dell’Ordine. Per il Carmelo apostolico potrebbe essere la creazione di centri e/o istituti di spiritualità, case di preghiera ecc. Per il Carmelo contemplativo l’adattamento di strutture che, rispettando i ritmi della vita monastica, rendano possibile il condividere in qualche modo questa esperienza. In questo senso i documenti sulla vita consacrata, lo stesso Vita Consecrata, parlano di comunità contemplative come centri di dialogo ecumenico, di irradiazione spirituale ecc.

costruire una comunione dinamica

tra tutti gli istituti della famiglia

del carmelo teresiano.

            Abbiamo 73 istituti affiliati all’Ordine, con una grande ricchezza di sfumature nel modo di vivere la spiritualità nel Carmelo: sono le sfumature di ciascun carisma, ma con una base comune. Credo che si debba cercare una collaborazione anche nei diversi campi della pastorale, della formazione, della nuova evangelizzazione e instaurare un nuovo rapporto con il Carmelo Secolare.

            Durante la prima settimana di settembre di quest’anno si terrà in Messico il secondo Congresso Internazionale del Carmelo Secolare. Uno degli scopi è quello di rivedere la regola di vita che è ancora troppo clericale: ancora oggi i membri del Carmelo Secolare sono considerati come religiosi nel mondo; mentre dopo il Concilio Vaticano II e il Sinodo sui laici nella Chiesa e il documento Christifideles laici dovremmo avere un’altra visione. E’ importante che i laici restino laici e come tali arricchiscano il Carmelo, cioè offrano il recipiente del loro stato di vita laicale per ricevere il liquido del  carisma e della spiritualità del Carmelo dentro una forma laicale e facendo in modo che tutte le ricchezze racchiuse nel carisma possano svilupparsi.

affrontare, a partire dalla propria identità,

le quattro grandi sfide

1.            Secolarizzazione.

La secolarizzazione trova nell’esperienza del Carmelo delle linee che possono orientarlo. I nostri grandi mistici hanno cantato il valore delle realtà temporali, delle realtà terrestri: pensate alle poesie di San Giovanni della Croce che parla della manifestazione di Dio nella creazione e delle creature che, pur dicendoci qualcosa, non ci rivelano mai del tutto il volto di Dio. I nostri santi hanno visto nelle realtà di questo mondo dei mezzi per andare oltre e per aprirsi al Trascendente, a Dio presente. Voglio dire che la dimensione contemplativa e orante del Carmelo dovrà essere vissuta e presentata agli altri come apertura al Trascendente, come sorgente di speranza nei cammini della trasformazione del mondo, come cammino per il dialogo ecumenico interreligioso nei diversi contesti socio-culturali..

2.            Liberazione.

            Questo fenomeno è frutto della coscienza della dignità umana ed esige un impegno efficace di tutti i credenti nella difesa e nella promozione dei diritti umani. Il Carmelo del futuro non potrà restare indifferente a queste sfide, sapendo come Teresa di Gesù e Giovanni della Croce, nostri maestri di vita spirituale, hanno parlato della dignità della persona creata ad immagine di Dio e chiamata alla trasformazione in Lui. Il nostro Santo Padre nella preghiera dell’anima innamorata canta la bellezza dell’essere umano e poi si esprime in quella sua frase geniale. “Un solo pensiero dell’uomo vale più di tutto il mondo. Perciò solo Dio ne è degno” (Par 1,32).

3.            Globalizzazione.

            Ci mette in comunicazione con il mondo e trasforma il mondo; ma nello stesso tempo è all’origine dell’emarginazione delle persone e della povertà. La preghiera carmelitana, se viene intesa come dialogo di amicizia con Dio e cammino di comunione con lui, renderà possibile al Carmelo del futuro l’essere strumento di dialogo, di comunione e di comunicazione.

4.            Nuova etica.

            L’esperienza contemplativa di Dio metterà in rilievo il bisogno di contare su di Lui nell’elaborazione dei valori etici, perché solo Dio è alla base degli autentici valori e senza di lui non si può creare niente di autentico.

Queste sono delle riflessioni che ho fatto per preparare un piccolo articolo per la rivista “Interiorità cristiana” dei nostri padri della Provincia della Germania e della Semi-Provincia dell’Austria.

            La conclusione potrebbe essere riassunta così: abbiamo bisogno di otri nuovi per mettere vino nuovo. Il Carmelo dovrà prepararsi al futuro tramite cambiamenti profondi delle strutture, che saranno pluriformi e adattate alle diverse culture e situazioni, pur mantenendo l’essenziale.

L’UNITA’ NELLA DIVERSITA’:

UNA GRANDE SFIDA ANCHE PER IL CARMELO

            Torniamo ora alla grande sfida della Chiesa del nostro tempo: l’unità nella diversità.

            Per gli ebrei convertiti al cristianesimo esisteva un solo modo di essere cristiani: la fede in Gesù Cristo e tutte le pratiche dell’ebraismo. San Paolo si è opposto dicendo che l’essenziale era solo Gesù Cristo. Grazie a lui il cristianesimo non è rimasto una setta ebraica, ma si è aperta all’universalità. Anche noi oggi dobbiamo essere aperti a diverse modalità, a diversi tipi di comunità carmelitane, anche contemplative. Ci saranno ambienti in cui dovrà prevalere la struttura monastica con comunità numerose – anche trenta persone, tenendo conto delle anziane – perché lì la testimonianza si avvale di questo tipo di strutture monastiche. In altri contesti, invece, la soluzione dovrà consistere in comunità più piccole – magari composte da cinque persone -, con meno strutture esterne e più inserite nella realtà della Chiesa locale, tenendo presente che quando i gruppi sono piccoli c’è bisogno di strutture come le associazioni e le federazioni, che li accolgano, li proteggano e li aiutino. Ovunque e sempre sarà necessario conservare i valori essenziali; ad esempio, una comunità contemplativa non potrà diventare apostolica.

Identità e creatività

            Voi siete chiamate monache. Ma c’è una grande differenza tra un monastero di monache, per esempio benedettine e un monastero di carmelitane. Per vivere una liturgia come quella benedettina si richiede una comunità di quaranta persone almeno. Eppure al Capitolo Generale abbiamo avuto l’occasione di andare a Mont Saint Michele dove c’erano due uomini benedettini e una donna di un ramo benedettino di diritto diocesano; ma coi microfoni e gli altoparlanti sembrava che cantasse un coro. Voglio dire che nel futuro ci dovrà essere una diversità delle comunità carmelitane secondo le situazioni. Il punto centrale è che rimangano “piccoli collegi” di Cristo e che vivano fraternamente una vita puramente contemplativa a servizio della Chiesa.

Spesso, quando penso a Taizè, mi chiedo perché i nostri monasteri contemplativi non diventano un polo di attrazione – anche senza avere delle strutture così grandi – per le giovani e i giovani. E rispondo dicendomi che nella maggior parte dei casi il problema è costituito dalle strutture. Ma i Carmeli dovrebbero proprio essere centri di irradiazione spirituale! I monaci di Taizè non escono mai a parlare con le persone: hanno il loro monastero e osservano molto la clausura; ma partecipano, organizzano bene le cose con un linguaggio adatto ai giovani e così diventano centri di irradiazione spirituale. Questo, però, richiede preparazione, anche per la formazione dei/delle futuri/e carmelitani/e scalzi/e. Il Carmelo nel futuro potrà vivere e testimoniare i valori del carisma solo se sarà capace di tornare all’essenziale e liberarsi di tutte le aderenze sociali, culturali ed ecclesiali che sono frutto di un’epoca, di una mentalità e di un altro contesto. Non abbiate paura! L’abnegazione evangelica, la contemplazione, la fraternità teresiana saranno un’esigenza nel futuro come lo sono state nel passato; però un rinnovato impegno coi valori dinamici della fedeltà creativa, l’accettazione del rischio con decisione e fiducia, la conversione, la giustizia, l’amore, la responsabilità personale, tutto questo può e deve aiutarci a vivere una nuova dimensione, a dire una parola esistenziale. Oggi tanti valori sono resi inintelligibili a causa di strutture che non rispondono alla mentalità e ai valori attuali. Soltanto voi, che vivete la vostra vita, potrete preparare questo futuro.

Un esempio di presenza diversificata

            Recentemente un monastero della Germania mi ha chiesto un parere sulla possibilità di una fondazione nella città di Amburgo priva di una presenza contemplativa. Siccome sapevo che le monache di quel monastero erano poche, ho chiesto il parere all’associazione, anche se non ha alcun potere giuridico. Di solito se l’associazione dà il permesso, anch’io lo concedo; se l’associazione si oppone, soprattutto in questo momento di carenza di vocazioni, lo faccio anch’io. Però la priora mi ha spiegato che volevano fare una comunità, una fondazione giuridica nel senso forte della parola. Il vescovo aveva chiesto loro una presenza contemplativa e avevano pensato di mandare tre suore per vedere che cosa si poteva fare. Non era previsto un grande monastero, piuttosto una piccola struttura, un ambiente adeguato per la loro vita con l’intenzione di creare un centro di preghiera, di irradiazione e di contemplazione nel cuore della città. Davanti ad una proposta che non richiedeva personale, l’associazione si è mostrata favorevole e anch’io ho concesso il permesso. Questa è una possibilità di presenza diversificata del Carmelo nel futuro.

CONCLUSIONE

            Io con questa riflessione vorrei invitarvi a vedere le cose, a pensare, a domandarvi, a chiedere e credo che lo Spirito, che ci mette davanti queste sfide, ci aiuterà a trovare la via d’uscita da questi vicoli a volte così ciechi per noi. Certo, quando si parla di queste cose si corre il rischio di essere fraintesi perché altri possono prendere delle frasi fuori contesto e scriverle in una bella lettera alla CISVA; ma io sono disposto a correre tutti i rischi. Per nove anni è stato così e penso che il Signore non si stancherà di aiutarmi fino alla fine dei dodici anni perché sento mio dovere informarvi, visto che ho avuto delle occasioni viaggiando in più di cento nazioni e conoscendo la realtà del mondo a contatto della vita consacrata per tantissimi anni alla ricerca di nuovi cammini con i Superiori Generali, e poi lasciarvi libere. Ai frati ho una parola più forte da dire per obbligarli a riflettere e ad arrivare a delle conclusioni operative al Capitolo Generale. A voi posso solo presentare queste prospettive, aprire questi orizzonti per aiutarvi, senz’altro con la grazia dello Spirito santo, a vivere questo momento e a preparare un futuro. Certamente bisogna porre le fondamenta nello Spirito santo se vogliamo muoverci nell’oscurità senza stancarci e procurarci una formazione alla preghiera, alla vera contemplazione perché la vita dello Spirito possa inondare tutta la nostra esistenza e aiutarci a superare le esperienze di morte che dobbiamo attraversare per raggiungere, dopo momenti difficili, momenti di splendore.

            Una religiosa americana di vita apostolica che è stata la presidente delle religiose degli Stati Uniti – che sono circa 50 o 60mila -, una donna che supera i 65 anni e che non è un’esaltata ma una grande femminista, ha scritto un libro che è uscito l’anno scorso in italiano. Il titolo è: “Fuoco sotto la cenere” Alcune cose possono sembrare esagerate, ma è un libro fatto per scuotere e per aiutare a riflettere. Certamente si rivolge soprattutto alle religiose di vita attiva degli Stati Uniti, ma ha delle intuizioni che possono aiutare anche noi. Non tutto è Parola di Dio, non tutto si può accettare ad occhi chiusi; ma questa donna dice delle grandi verità che ci aprono a nuove dimensioni, a nuove possibilità.

            Insomma, il futuro è nelle mani di Dio; ma tocca a noi prepararlo. Lui renderà possibile ciò che per noi è impossibile. Ricordiamo quelle parole dell’angelo a Maria: “Ciò che è impossibile agli uomini è possibile a Dio”.

Tratto da:

IL FUTURO DEL CARMELO:

RIFONDAZIONE DEL CARISMA

padre Camillo Maccise, Preposito Generale

Atti assemblea elettiva 2000

Vicenza

Monastero di Vicenza

Dove siamo:

Indirizzo: Viale Massimo D’Azeglio, 19, 36100 Vicenza VI

Tel. 0444 546183

Email: vicenza@federazionereginapacis.it



Il Carmelo di “S. Teresa di Gesù Bambino” di Vicenza è “figlio” del Monastero di Verona e “nipote” di
quello di Torino. Lì, infatti, entrarono quattro giovani di nobili famiglie di Verona in vista della fondazione in
quella stessa città, per la quale donarono tutto il loro consistente patrimonio.

Fra esse vediamo la nostra cara Sorella, Madre Maria di Gesù – Dolci. Chiamata dalla Vergine nella
Grotta di Lourdes a seguire le orme di S. Teresa di Gesù, entrò nel Carmelo di Torino con l’aiuto di P. Angelo
dello Spirito Santo, fece la Professione e poi, con la Madre Maestra, Teresa Gnecco, e le altre tre Professe, volò
a Verona nel tanto desiderato “colombaio”. Nel 1949 riprese il suo volo con altre dieci Sorelle per la
fondazione di Vicenza, alle pendici del Monte Berico vicino al Santuario della Madonna.
Le Monache, nel frattempo, avevano cercato una località adatta per erigere in città un nuovo
Monastero, ma la guerra aveva distrutto chiese e case; anche Villa Clementi era stata bombardata nella notte del
26 marzo 1944, tuttavia attrasse l’attenzione e il favore delle “esploratrici”. Come fare?
Un generoso terziario Carmelitano, il Cavalier Siro Braghetta di Mantova, sentito il progetto, non esitò
a vendere tutti i suoi averi e “compera quel campo”, per un nuovo tabernacolo per la gloria di Dio. Guidate da
Madre Teresa Gnecco, dunque, giungono da Verona il 25 maggio 1949 le monache scelte dal Padre Provinciale
Angelo Meneghini per aprire un Carmelo intitolato a S. Teresa di Gesù Bambino.
Le Sorelle si trovarono davanti distruzione, macerie e povertà estrema, che diventa spazio di preghiera,
di grandi sacrifici e offerte …e così sarà per molti anni. Lavoravano assiduamente per guadagnare qualcosa ma,
non essendo ancora conosciute, mancava anche chi le poteva aiutare.
Entrarono presto tre coraggiose Postulanti, che condivisero gioiosamente il lavoro intenso, l’austerità, il
freddo e il cibo scarso e, soprattutto, la vita di intercessione per tutti i fratelli.
I Padri Servi di Maria di Monte Berico assicuravano il loro servizio liturgico, vari altri sacerdoti le
assistevano e le Monache vivevano il loro impegno orante sotto lo sguardo di Maria, allietate dal festoso suono
di ben 13 campane (del Santuario)!
Nel 1974 si procedette ai lavori di adeguamento della Cappella alle nuove norme liturgiche: l’altare di
un tempo è sostituito da un blocco di marmo del Portogallo; scompare la doppia piccola grata per lasciar posto
ad un’altra più ampia e più rada, che permette all’assemblea di partecipare alle celebrazioni in comunione con
le Sorelle Carmelitane.
Nel frattempo il Signore non cessa di affascinare altre Sorelle, che si uniscono alle Fondatrici per vivere
solo per il Signore e cantare le sue lodi a nome di tutti.

Nel 1983 anche il Vescovo di Rovigo sogna di fondare un Carmelo nella propria Diocesi e tre

nostre Monache ci lasciano per compiere questa nuova opera.
Nel 1991 abbiamo la grande gioia di incontrare Papa S. Giovanni Paolo II, pellegrino a Monte Berico e
in visita alla città per incontrare i giovani. Quasi contemporaneamente il Carmelo di Antananarivo, in
difficoltà, chiede aiuto: nel gennaio 1992 partono (in aereo per la prima volta!) due Sorelle di Vicenza e due di
Verona, per sostenere il Carmelo e offrire la loro vita in Madagascar.

La nostra Comunità di S. Teresa di Gesù Bambino negli anni cresce…e sono 21 le Monache!

Anche Sorella Morte, però, chiama all’incontro e alla gioia eterna!
Ora siamo in 16 e siamo contente di vivere unicamente per il Signore e per la Sua gloria, con il cuore
accogliente verso tutti i problemi dei fratelli vicini e lontani, per offrirli al Padre.

Sassuolo

Monastero di Sassuolo

Dove siamo:

Indirizzo: Via Montegibbio, 25 – 41049 – Sassuolo (Mo)

Tel. 0536 872013

Email: sassuolo@federazionereginapacis.it



Santa Teresa è soprattutto maestra di preghiera. Nella sua esperienza è stata centrale la scoperta dell’umanità di Cristo. Mossa dal desiderio di condividere questa esperienza personale con gli altri, la descrive in maniera vivace e semplice, alla portata di tutti, perché essa consiste semplicemente in «un intimo rapporto d’amicizia con Colui dal quale sappiamo di essere amati» (Vita 8, 5).

Lo svolgimento del lavoro con impegno e dedizione fa parte della professione religiosa
come servizio concreto alla comunità, condivisione della condizione comune, luogo di esercizio
nella donazione di sé alle sorelle.
Soprattutto con la produzione di ostie e il confezionamento di biancheria per altare, le
monache contribuiscono al fabbisogno della comunità, cercando di andare incontro anche alle
necessità altrui.
Oltre ai lavori ordinari del monastero (cucina, guardaroba, accoglienza, portineria, orto),
esistono poi compiti più delicati che riguardano la cura delle sorelle in formazione, come pure delle
sorelle anziane.

“Se la cura delle inferme, i vari servizi domestici e il lavoro – anche il
più umile -, equivale a servire l’Ospite divino che viene a dimorare,
a mangiare e a ricrearsi con noi, che cosa ci importa di attendere
ad un lavoro piuttosto che ad un altro?”. S. Teresa di Gesù – Cammino di perfezione

“Dunque, su, figlie mie! Non vi affliggete quando l’obbedienza vi
tenga occupate in cose esteriori: se attendete alla cucina, rendetevi
conto che il Signore si aggira tra le pentole, aiutandovi
interiormente ed esteriormente”. S. Teresa di Gesù – Fondazioni

OSPITALITA’
L’attenzione di Santa Teresa alla persona e la sua grande sensibilità costituiscono parte
fondante dell’eredità consegnata e trasmessa alle Carmelitane Scalze.
Seguendone le orme, la comunità accoglie quanti, singoli o gruppi, vengono per un
colloquio in parlatorio, un confronto o qualche giornata di ritiro.
In particolare la comunità offre:
 Ospitalità nella foresteria per un periodo di tempo concordabile
 Spazi d’incontro per attività e riunioni
 Incontri sulla spiritualità carmelitana e veglie di preghiera
 Condivisione quotidiana della Liturgia (Celebrazione Eucaristica, Lodi, Vespro )
 La chiesa aperta tutto il giorno, fino alla conclusione del Vespro

“Cercate, sorelle, per quanto possibile di essere affabili e di
comportarvi con tutte le persone che tratteranno con voi in modo
tale che amino la vostra conversazione, invidino il vostro modo di
vivere e di agire e non abbiano timore né si sgomentino della virtù”.
S. Teresa di Gesù, Cammino di perfezione

Il monastero di Sassuolo: le origini Prima fondazione: 1652 – 1798 Le Carmelitane Scalze arrivano a Modena per la prima volta nel 1652. Il monastero è fondato grazie alla generosità della marchesa Donna Matilde Beatrice Bentivoglio-d’Este, dama di corte del Duca Francesco I, che conosce ed ama gli scritti di S. Teresa di Gesù. Lei stessa compra alcuni edifici, in una zona della città, adattandoli a monastero, posto sotto il titolo di “S. Giuseppe e S. Teresa”: la solenne cerimonia d’inaugurazione avviene il 19 marzo 1652. In questo Carmelo entra nel 1674 entra la principessa Eleonora d’Este (1643 – 1722), figlia del Duca Francesco I che diviene, con la vestizione, suor Maria Francesca dello Spirito Santo. Eletta più volte priora della comunità, nel 1689 fonda il Carmelo di Reggio Emilia e nel 1693 rientra a Modena, dove muore il 24 febbraio 1722 in fama di santità. Il 19 giugno 1798 il Carmelo modenese viene soppresso dalla Repubblica Cisalpina e il monastero venduto: le monache sono costrette a trasferirsi altrove. Ri-fondazione: 8 marzo 1859 La principessa Maria Beatrice d’Austria – Este, sorella del Duca Francesco V, anche lei conquistata da S. Teresa, vuole riportare le Carmelitane Scalze a Modena. Mons. Cugini, Arcivescovo della città, per ringraziare Maria Immacolata di aver fatto cessare l’epidemia di colera, riapre la chiesa di “S. Giovanni del Cantone” con le offerte dei modenesi e la principessa ne compra gli edifici adiacenti per adattarli ad una comunità carmelitana: il monastero è inaugurato l’8 marzo 1859 sotto il titolo di “Maria Immacolata”. Dopo varie peripezie dovute alla “legge di soppressione” del luglio 1866, grazie all’aiuto della principessa M. Beatrice, terziaria carmelitana di Graz, le monache possono entrare definitivamente in possesso del monastero, dedicandolo a “Maria Immacolata e S. Giuseppe”. Durante i primi anni della seconda guerra mondiale la comunità rimane a Modena, anche se il monastero non ha sotterranei da poter utilizzare come rifugio ed è molto vicino all’Accademia Militare. Quando iniziano i grandi bombardamenti sulla città, il padre Provinciale cerca un luogo adatto per ospitare la comunità. Viene trovata una casa a Medesano, nel parmense, dove si trasferiscono tutte le monache fino alla fine della guerra, comprese alcune anziane bisognose di assistenza. Quando le sorelle tornano a Modena, il 26 maggio 1945, trovano il monastero requisito ed in parte affittato a famiglie di sfollati. Le monache possono utilizzarne solo una piccola parte, in cui si sistemano alla meglio, con grandi disagi e senza clausura regolare. Qualche anno dopo le Carmelitane tornano in possesso del loro monastero, ma l’edificio è completamente da ristrutturare e risanare. Da Modena a Sassuolo Nel 1954 il dottor Pietro Marazzi offre alle monache un terreno di sua proprietà a Sassuolo, provincia di Modena e diocesi di Reggio Emilia. Venduto il vecchio edificio nel 1956, la comunità viene ospitata dal dottor Marazzi, fino al termine della costruzione del nuovo monastero, nella sua villa di Baggiovara dove cominciano ad arrivare le prime postulanti. Il 2 giugno 1959 viene ufficialmente inaugurato il monastero e il giorno seguente Mons. Socche, Vescovo di Reggio Emilia, benedice la chiesa dando il benvenuto alla comunità.

Santa Teresa di Gesù Bambino

1 ottobre

I suoi bimbi saranno portati in braccio,

sulle ginocchia saranno accarezzati.

Come una madre consola un figlio

così io vi consolerò.

Is 66,12-13

Santa Teresa di Gesù Bambino (Maria Francesca Teresa Martin) nasce il 2 gennaio 1873 ad Alençon, in Francia. Entrata quindicenne nel Carmelo di Lisieux, carica di straordinario amore i gesti ordinari della vita quotidiana, praticando così una via di santità impegnativa ma anche accessibile a tutti.

In un ambiente ancora impregnato di residui giansenistici, penetra con acutissima finezza spirituale i segreti del cuore di Dio e ne riscopre il mistero dell’Amore Misericordioso, di cui è ispirata testimone e cantrice.

Queste intuizioni, espresse con stile accattivante nei suoi manoscritti autobiografici, le hanno valso il titolo di Dottore della Chiesa (1997)

Teresa muore ventiquattrenne il 30 settembre 1897, assicurando che dal cielo avrebbe mandato sulla terra una “pioggia di rose”.

Parma beneficiò in modo singolare di questa pioggia di rose, perché proprio dopo aver pregato nella nostra chiesa davanti al quadro dell’allora beata Teresa, una giovane suora guarì in modo inspiegabile da una malattia dolorosissima e incurabile. Fu questo il miracolo che servì per la canonizzazione della Carmelitana di Lisieux, avvenuta a Roma nel 1925.