Le Carmelitane Scalze

tratto da: 

ALLE RADICI DEL CARMELO” 

Corso del 2004 a Cassano V. 

Relatori: Padre Secondin – padre Generale Arostegui – padre prov. Bettati Giuliano 

LA SEQUELA DELLA CARMELITANA 

Padre generale Arostegui 

LA CARMELITANA: FEDELE AL VANGELO… 

  1. Già oggi e sempre più nel futuro Cristo e il suo Vangelo saranno il suo criterio di vocazione e di fedeltà. Teoricamente Regola e Costituzioni volevano già essere fin dall’inizio espressioni concrete del Vangelo, che non si lascia mai dare per scontato ma reclama sempre nuove concretizzazioni. Storicamente, però, molte forze – personali e comunitarie – sono state dedicate più alla definizione di modalità concrete di espressione che non direttamente al Vangelo, inteso come criterio sempre attuale e determinante. Vale a dire che la prima preoccupazione della vita religiosa, lungo la storia, non è stata l’attualizzazione del Vangelo. Cosa dice il Vangelo oggi? Quando parliamo del Vangelo ci riferiamo all’umanità del nostro Dio in Gesù Cristo: quindi, cosa dice Gesù Cristo oggi? Davanti alle diverse situazioni storiche, la prima e l’ultima domanda dev’essere il Vangelo. Mentre molte questioni sollevate nella storia e che anche oggi occupano non poco la coscienza religiosa non sono le preoccupazioni del Vangelo. Voglio dire: dove si mette l’accento? Qual è la preoccupazione fondamentale? Il Vangelo stesso è impegnativo e radicale. Quanto tempo e quanta energia spendiamo a meditare sugli “interessi del Regno”? Nel futuro conterà solo l’autenticità evangelica: il Vangelo non solo come base presupposta, ma come norma dinamica permanente. Tutte le tradizioni hanno valore se illuminano il Vangelo e ci conducono alla sua attualizzazione.  

… alla preghiera… 

  1.  La preghiera di Gesù, cioè il suo rapporto permanente con il Padre, fatta di totale fiducia filiale e di dedizione al progetto del Regno, diventa ascoltare la sua Parola, una questione del cuore in senso biblico. Nel Nuovo Testamento e nell’esperienza successiva della Chiesa e nel Carmelo teresiano stesso, Gesù è diventato il luogo particolarissimo del Tu divino: il Dio eternamente umano del volto di Gesù che ha vissuto la sua avventura terrena davanti al Padre. Questa dovrebbe essere l’orazione contemplativa secondo la santa Madre: una relazione interpersonale, un’intima amicizia con Colui dal quale sappiamo di essere amati. È anche l’elemento mistico della fede cristiana che l’esperienza del Carmelo ha messo e mette sempre in luce. Data la storicità della nostra natura umana, questa preghiera esige un tempo e uno spazio, alcune condizioni che già si possono ritrovare in Gesù stesso: si tratta di una realtà molto delicata perché la più atta ad essere confusa con i mezzi, con gli atteggiamenti esterni e con false aspettative, quindi anche la più esposta alla mancanza di autenticità, come in generale la religione. Paradossalmente, quella che chiamiamo preghiera potrebbe essere la cosa più inautentica. Non è un’ambiguità a cui possiamo sottrarci, ma dobbiamo essere attenti e avere sempre l’umiltà di chiederci se i nostri tempi, luoghi, atteggiamenti sono veramente preghiera.  

… alla comunione fraterna… 

  1. Strettamente vincolata alla preghiera dobbiamo considerare la vita fraterna in comunità senza la quale Teresa non concepisce la vita di preghiera al Carmelo: la sua proposta di vita comunitaria concreta, intrecciata di silenzio, di atti comunitari, di ricreazione, in uno spazio ridotto e familiare, è ben lontana da una vita individuale ed eremitica. L’ideale eremitico (“ricordatevi di quei santi padri che…”) è solo un’evocazione per invitare ed esortare alla ricerca del volto del Signore e alla dedizione, alla capacità di “sacrificio spirituale”. La sua stessa vita di fondatrice è ricca di rapporti continui: nelle sue lettere c’è la preoccupazione di farsi presente nelle comunità e di considerarle un’unica famiglia, la sua. Santa Teresa non giustifica questo, perché è esperienza evangelica: s’impone quindi da sé come il nucleo che definisce il carisma teresiano. Ai tempi di Teresa era una novità assoluta nella storia della Chiesa, oggi è un elemento chiave che rivela l’essenza della stessa Chiesa e della sua missione nel mondo. In questo senso la fraternità è decisiva per dare un futuro soprattutto alla vita religiosa carmelitana. Se infatti la vita religiosa si esaurisse solo nella preghiera, non troverebbe una sua giustificazione: la preghiera è una realtà accessibile a tutti nella misura in cui si ha fede; ma se si è chiamati alla vita religiosa e si entra in una comunità, è per cercare insieme ad altri, i propri fratelli e sorelle, il volto del Padre, il volto di Cristo: è per costruire il Regno della fraternità che è l’anima del Vangelo. Se questo non si verifica, potrà resistere sulla distanza questa forma di vita, all’arrivo delle nuove generazioni che chiedono fatti e non solo ideali? La vita religiosa non può essere solo teologia, ma dev’essere verificabile: non possiamo rinunciare alla vita di comunione fraterna. 

… all’apertura alla Chiesa e all’umanità 

  1. Un altro elemento essenziale della carmelitana è l’apertura alla Chiesa e all’umanità (cfr. Cammino di perfezione): oggi la coscienza ecclesiale è coscienza di umanità. Quindi, le gioie, le speranze, le tristezze, le angosce degli uomini del nostro tempo, soprattutto dei più poveri e di quanti soffrono, devono essere le gioie, le speranze, le tristezze, le angosce dei discepoli di Cristo. Questo interpella direttamente le carmelitane che hanno scelto di vivere la sequela di Cristo. La vita contemplativa è quella che più profondamente permette questa identificazione, assumendo interiormente questi sentimenti: la vita consacrata attiva mette in luce la compassione di Cristo nelle opere di liberazione dell’uomo e della donna, continuando la sua opera di liberazione; la vita contemplativa è esclusa da questo “modo di essere evangelico”, ma diventa il luogo della compassione e della speranza in un modo proprio. Abbiamo degli esempi in santa Teresa di Lisieux e in Edith Stein che si sono identificate con le vittime del mondo e della storia del loro tempo. La vita contemplativa è tale quando approfondisce questa sensibilità ecclesiale e umana e quando diffonde compassione e speranza anche senza esprimerlo professionalmente. È chiaro che non può fare apostolato attivo, ma può sempre accogliere chi ha bisogno e indirizzarlo ad altri punti di riferimento: possono coltivare un certo stile di vita e nello stesso tempo essere integrate in una rete efficace di aiuto che non danneggia la propria vita. Dinanzi alle grandi questioni del mondo e dell’umanità di oggi le carmelitane non possono essere neutrali o assenti. Forse non saranno direttamente in prima linea, ma la loro vita, la loro scelta è chiaramente a favore di un nuovo ordinamento del mondo: la loro vita, le loro idee, le loro convinzioni devono essere una condanna inequivocabile di ogni ingiustizia e di ogni schiavitù.  

Da tutto questo emerge il nostro carisma, lo stile di vita teresiano fatto di uguaglianza, libertà, fraternità, gioia, semplicità di vita, senza dimenticare un certo senso dell’umorismo. Non si tratta di un elemento che si aggiunge ad altri, ma è un modo di sentire e di agire che investe la concezione pratica della vita tutta. Questo stile diventa una percezione teologica della realtà di Dio e della persona umana contro ogni maschera di spiritualismo, pseudopenitenza e irrigidimento. Questa semplicità teologica diventa autenticità di vita.  

VISIBILITÀ DELLA VITA CONTEMPLATIVA 

L’immagine immediata del Carmelo non ha niente di esibizionista, ma deve poter esprimere la sua natura evangelica con immediata trasparenza, senza bisogno di parole: vivendo con naturalezza, oltre i segni culturali di altri tempi, la preghiera, la fraternità, l’apertura alla Chiesa e all’umanità. Questa è la visibilità del Carmelo. Domandiamoci: che tipo di visibilità diamo noi del Carmelo? E il Vangelo è una realtà “storica” o qualcosa che si fa presente ed evidente?  

Riflesso del volto di Gesù 

Ho tentato di tracciare un certo orizzonte spirituale a partire dalla domanda: chi sono le carmelitane nella Chiesa oggi? È una domanda comune a tutta la vita religiosa e alle diverse realtà della vita cristiana. Le indicazioni che ho cercato di dare non possono essere ricette, anche se riconosciamo che la vita reale ha sempre un risvolto pratico: si deve arrivare ogni volta al concreto, ma è importante conoscere con che presupposti, con che spirito, in che senso si determina il concreto sempre necessario. Da dove viene la vita concreta? Per sintetizzare quanto detto si potrebbe utilizzare questa formula: “Con Cristo, in cammino nella famiglia carmelitana teresiana”. Stiamo veramente con Cristo? È questo infatti che dobbiamo continuamente chiederci: le domande ci obbligano ancora di più a centrarci in Cristo e a porre nel nostro cuore il suo Vangelo e davanti a lui la nostra vita. Essere in cammino vuol dire avere coscienza del mondo e di noi stessi restando disponibili ai cambiamenti, aperti e sensibili alla voce di Dio nelle voci dell’umanità. L’accettazione serena della mancanza di certezze materiali può essere il nostro cammino. Non è strano questo per una mente carmelitana che ha imparato da Giovanni della Croce: la spiritualità carmelitana parla di una luce che arde invisibile in assenza di certezze – è il volto di Cristo. Allora possiamo dire in verità: “Tutti sono miei perché Cristo è mio”. Questa è la profonda spiritualità che ho ricordato e che rende autentica la nostra vocazione: una vocazione che ascolta, risponde ed è disposta a camminare. 

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